Fonte: superando.it –
A diciannove anni dalla prima e dopo due aggiornamenti, nei giorni scorsi l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha pubblicato la seconda edizione dell’ICF, la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute, nella quale è confluita anche la versione per bambini/e e ragazzi/e, approvata nel 2007. La notizia è importante, perché è stato proprio l’ICF, nel 2001, a mettere a fuoco la relazione fra la condizione salute e l’ambiente, cambiando il modo stesso di pensare al funzionamento e alla disabilità.
Il 19 ottobre scorso l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha pubblicato la seconda edizione dell’ICF (WHO DAS 2.0), la Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute. La nuova edizione arriva a diciannove anni dalla prima, pubblicata nel 2001 e dopo due aggiornamenti.
Nell’ICF 2020 confluisce anche la versione per bambini ICF-CY, approvata dall’OMS nel 2007. In tal modo, essendo stata inserita nella revisione la maggior parte dei codici relativi a bambini e ragazzi, ora l’intera durata della vita è coperta dall’ICF. «Tanto lavoro, con diciannove anni di continui contributi di esperti e utenti ICF provenienti da tutto il mondo. I dati funzionanti sono fondamentali e l’ICF, con WHO DAS 2.0, è lo strumento globale per la raccolta dati, poiché “se non sei contato non conti”», commenta Matilde Leonardi, neurologa dell’Istituto Besta di Milano ed esperta di disabilità, che chiude in questo modo il proprio mandato nell’OMS come Copresidente del gruppo di riferimento FDRG (Funzionamento e Disabilità), insieme a Haejung Li dalla Corea e Olaf Kraus De Camargo dal Canada.
Ma perché questa pubblicazione è una notizia? Perché è il frutto di un lavoro importante e perché viene data al mondo una classificazione standard per codificare il funzionamento. Ovviamente tutto è perfettibile, ma intanto si dispone di una seconda edizione dell’ICF ed essa diventa il punto di riferimento per i Governi di tutto il mondo che, volendolo, possono standardizzare la raccolta di dati sul funzionamento, una cosa che avviene in pochissimi Paesi ad oggi. In Italia, ad esempio, molte leggi prevedono l’uso dell’ICF per la valutazione: basti pensare solo al Decreto Legislativo 66/17 per l’inclusione scolastica.
Potrà dunque sembrare una notizia forse da addetti ai lavori, ma tornare a parlare di funzionamento è importante, perché il funzionamento come concetto entrerà sempre più nei sistemi sanitari, dal momento che sempre più persone hanno malattie croniche e la classificazione delle patologie, con la diagnosi, aiuta, ma non è sufficiente a descrivere la realtà.
Basti pensare a venticinque bambini con la sindrome di Down: la diagnosi è la medesima per tutti, ma il funzionamento è diversissimo. Avere una classificazione per il funzionamento permette di ragionare in termini più aderenti alla realtà. E anche la pandemia aumenterà i malati cronici nel mondo di qualche milione di persone; quindi il funzionamento sarà ancora più importante: molte persone, infatti, saranno guarite dal Covid, ma resteranno dei problemi di funzionamento.
Tenere alta l’attenzione sul funzionamento ci aiuta a non medicalizzarci troppo. In un momento in cui la Sanità si restringe alla diagnosi e in cui tu sei la diagnosi che hai, mettere l’accento sul funzionamento significa mettere l’accento sulle persone al di là della diagnosi. Non c’è solo la diagnosi, ma il fatto che ogni persona vive in un contesto che è facilitatore oppure barriera. E se le diagnosi non si possono cambiare, le barriere del contesto si possono sempre abbattere.
In sostanza, l’ICF, mettendo a fuoco la relazione fra la condizione salute e l’ambiente, ha cambiato il modo stesso di pensare il funzionamento e la disabilità.
L’ICF 2020 (WHO DAS 2.0), nuova edizione dell’ICF (Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute) sarà entro breve pubblicata integralmente nel portale dell’OMS.
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