Fonte: superando.it – Articolo di Simona Lancioni* – 

È stato inaugurato a Napoli il primo ambulatorio ginecologico accessibile a donne con disabilità della Campania. La stampa ha segnalato che, in linea con le indicazioni del “Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea”, «una particolare attenzione sarà riservata ai dispositivi relativi alla salute sessuale delle donne con disabilità». Si tratta certamente di un passo avanti, anche se non sufficiente a modificare il quadro complessivo di generale inaccessibilità alle donne con disabilità dei servizi ostetrico-ginecologici nel nostro Paese.

È stato inaugurato il 10 luglio scorso, a Napoli, il primo ambulatorio ginecologico accessibile a donne con disabilità della Campania. Per l’occasione, le équipe ospedaliere e i rappresentanti della Direzione Generale dell’ASL Napoli 1 hanno incontrato le Associazioni di persone con disabilità nei locali del Presidio Sanitario Santissima Annunziata, destinati ad attività di consultorio e assistenza con attrezzature specifiche.
In una nota di Mario Forlenza, manager dell’Azienda Sanitaria Locale, si spiegava che i servizi saranno rivolti a donne con disabilità motorie e altre tipologie di svantaggi, «fortemente discriminate per la mancanza di accessibilità fisica a servizi per la salute sessuale e riproduttiva».
L’articolo di presentazione dell’iniziativa, pubblicato l’8 luglio dal «Mattino», a firma di Melina Chiapparino, sottolineava che «in linea con le indicazioni del “Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea”, una particolare attenzione sarà riservata ai dispositivi relativi alla salute sessuale delle donne con disabilità (come contraccettivi, lettini per la visita ginecologica, apparecchiature per la mammografia)».
Il Presidio Sanitario Santissima Annunziata ha come suo mandato istituzionale la tutela della salute della donna e del bambino. D’ora in poi, dunque, le donne con disabilità, grazie a una sedia ginecologica specifica e ad un ecografo ad alta sensibilità, potranno effettuare particolari test prenatali, come il test combinato (bitest e translucenza nucale), che sono stati inclusi nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza).

È motivo di orgoglio per il Centro Informare un’h di Peccioli (Pisa) – di cui chi scrive è responsabile – che così come «Superando.it» sta da tempo promuovendo la divulgazione del Secondo Manifesto sui diritti delle Donne e delle Ragazze con Disabilità nell’Unione Europea, constatare che esso abbia contribuito a fare emergere la discriminazione che colpisce le donne con disabilità anche nell’accesso ai servizi sanitari, e ad orientare iniziative come questa.
Se infatti è fondamentale che Istituzioni, Associazioni di persone con disabilità e di donne ed altri Enti adottino il Secondo Manifesto, non va mai dimenticato che il fine ultimo di questo importante strumento – approvato nel 2011 dal Forum Europeo sulla Disabilità (EDF) – è quello di produrre anche effetti tangibili, che migliorino concretamente la qualità della vita delle donne e delle ragazze con disabilità. E un ambulatorio ginecologico accessibile può ragionevolmente essere considerato come un effetto tangibile.

In Italia, tuttavia, gli ambulatori ginecologici accessibili anche alle donne con diverse disabilità sono davvero pochi. A Roma c’è quello del Consultorio Familiare Diocesano “al Quadraro”, a Torino è possibile fare riferimento all’Ospedale Ostetrico Ginecologico Sant’Anna, a Firenze c’è il Percorso Rosa Point, un servizio dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Careggi.
Vero è anche che non tutti i Comuni garantiscono servizi ostetrico-ginecologici sul proprio territorio, ma è altrettanto vero che una donna senza disabilità può accedere a questo tipo di servizi abbastanza agevolmente nell’àmbito della propria Provincia. Le donne con disabilità, invece, per trovare locali e attrezzature accessibili, nonché personale sanitario preparato anche in tema di disabilità, sono frequentemente costrette a spostarsi in altre Regioni anche per i controlli di routine. Una difficoltà di accesso, questa, che si rivela penalizzante non solo per la presa in carico delle pazienti, ma anche sotto il profilo della prevenzione delle più comuni patologie femminili.
Il nostro sistema sanitario, quindi, appare organizzato in modo da richiedere spostamenti maggiori a chi ha maggiori difficoltà a spostarsi, la qual cosa non è solo discriminatoria, ma è anche smaccatamente irrazionale.
L’inaugurazione dell’Ambulatorio di Napoli rappresenta certamente un passo avanti, anche se non sufficiente a modificare il quadro complessivo di generale inaccessibilità alle donne con disabilità dei servizi ostetrico-ginecologici nel nostro Paese.

* Responsabile di Informare un’H-Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli, Peccioli (Pisa), nel cui sito il presente testo è già apparso. Viene qui ripreso, per gentile concessione, con alcuni riadattamenti al diverso contenitore.

Per approfondire il tema trattato, suggeriamo la lettura di L’accessibilità dei servizi di ginecologia e ostetricia, pubblicato dal nostro giornale il 19 settembre 2013 e centrato su un’indagine promossa dal Gruppo Donne UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare).
Più in generale, sul tema Donne e disabilità, oltreché fare riferimento al lungo elenco di testi da noi pubblicati, presente a questo link, nella colonnina a destra dell’articolo intitolato Voci di donne ancora sovrastate, se non zittite, si può accedere al sito di Informare un’h, alle Sezioni dedicate rispettivamente ai temi: Tutto sul Secondo Manifesto Europeo sui Diritti delle Donne e Ragazze con Disabilità e Donne con disabilità.

Fonte: superando.it