Fonte: handylex.org – 

Riportiamo di seguito l’articolo pubblicato sul portale handylex.org che approfondisce gli aspetti che riguardano le persone con disabilità, relativi al decreto legge approvato dal Consiglio dei Ministri il 17 gennaio scorso.

Il 17 gennaio il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legge recante “Disposizioni urgenti in materia di reddito di cittadinanza e di pensioni”. Il testo entrerà in vigore al momento della imminente pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e sarà sottoposto all’esame del Parlamento (dovrebbe iniziare il Senato) per la conversione in legge e le eventuali modificazioni.

Dei contenuti del decreto è stato dato ampio risalto da stampa e TV. L’intento qui è pertanto quello di approfondire gli aspetti che riguardano le persone con disabilità che, rispetto a questo intervento, nutrivano comprensibili aspettative a fronte di annunci che ora appaiono disattesi.

In premessa va subito precisato che il decreto legge non aumenta in alcun modo e in nessuna forma le pensioni o gli assegni di invalidità civile, cecità, sordità. I relativi trattamenti rimangono inalterati (285,66 euro al mese per il 2019).

Vediamo piuttosto quale sia l’impatto del sistema del reddito di cittadinanza sulle persone con disabilità. Per comprenderlo è necessario conoscere le premesse, gli strumenti e i meccanismi.

Innanzitutto il reddito di cittadinanza è inteso dal Legislatore come misura unica di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro, nonché a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro.” Il condivisibile intento è piuttosto ambizioso. Lo stesso reddito di cittadinanza viene definito dal decreto quale “livello essenziale delle prestazioni” ma precisando “nei limiti delle risorse disponibili”. Il che significa che non è un diritto soggettivo che ognuno possa pretendere anche quando sono terminate le risorse messe a disposizione.

Il decreto prevede anche l’istituzione della pensione di cittadinanza, quale misura di contrasto alla povertà delle persone anziane. La pensione di cittadinanza è riservata ai nuclei familiari composti esclusivamente da uno o più componenti di età pari o superiore a 65 anni.

Esempio: concessa ad un anziano solo; concessa a due coniugi anziani; non concessa ad un anziano che vive con il figlio under 65 anni.

I limiti e i requisiti di accesso alla pensione sono uguali a quelli del reddito salvo qualche eccezione. Vediamo quindi i requisiti per l’accesso.

Cittadinanza e residenza

I titolari del reddito di cittadinanza sono sempre i nuclei familiari (mai i singoli componenti di una famiglia). Non può esservi più di un reddito di cittadinanza per nucleo familiare.

Il primo requisito è relativo alla cittadinanza: la misura spetta solo a condizione che il richiedente o uno dei suoi familiari sia cittadino italiano o cittadino UE o titolare di permesso di soggiorno di lunga durata, o cittadino di Stati che abbiamo sottoscritto patti bilaterali con l’Italia. Oltre alla cittadinanza è richiesta la residenza negli ultimi due anni in Italia.

I requisiti reddituali e patrimoniali

Trattandosi di una misura di contrasto alla povertà assoluta vengono fissati dei criteri piuttosto stringenti per l’individuazione di chi ha diritto al reddito di cittadinanza.

I criteri fondamentali sono quattro e devono essere rispettati tutti: ISEE del nucleo, patrimonio mobiliare, patrimonio immobiliare, reddito.

L’ISEE familiare, cioè dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente, deve essere inferiore a 9.360 euro.

Il patrimonio immobiliare del nucleo (che poi risulta dall’ISEE), diverso dalla casa di abitazione deve essere inferiore a 30.000 euro.

Viene fissato un limite anche per il patrimonio mobiliare (depositi, conti correnti, titoli ecc.) di tutta la famiglia, cioè dei suoi risparmi. Il limite è variabile a seconda della composizione: limite di 6.000 euro, accresciuto di euro 2.000 per ogni componente successivo al primo, fino ad un massimo di euro 10.000, incrementato di ulteriori 1.000 euro per ogni figlio successivo al secondo. Nel caso sia presente nel nucleo una persona con disabilità i limiti sono elevati di ulteriori 5000 euro.

Esempi: una coppia, 8.000 euro; una coppia con un figlio, 10.000 euro; una coppia con due figli, 10.000 euro; una coppia con tre figli, 11.000 euro; una coppia con un figlio con disabilità, 15.000 euro; una coppia con il marito con disabilità, 13.000 euro; una coppia con due figli con disabilità, 20.000 euro.

Viene poi definito il limite anche del reddito familiare e questo aspetto è più complesso da illustrare perché implica l’uso di una scala di equivalenza definita dallo stesso decreto e che è fondamentale sia per il calcolo del limite del reddito familiare che, poi, per il calcolo del beneficio economico del reddito di cittadinanza. La scala di equivalenza in pratica consente di calcolare un parametro diverso a seconda della composizione e numerosità del nucleo.

1 è il parametro per il primo familiare

0,4 è il parametro per ogni componente maggiorenne successivo

0,2 è il parametro per ogni minorenne successivo.

Il massimo del punteggio però viene stabilito in 2,1 (a rimetterci i nuclei numerosi).

Esempi: persona che vive sola, 1; coppia, 1,4; coppia con un figlio minore, 1,6; coppia con un figlio maggiorenne; 1,8; coppia con due figli maggiorenni, 2,1; coppia con tre figli maggiorenni; 2,1.

Con questa precisazione è più agevole comprendere il computo del limite massimo fissato ad una soglia di euro 6.000 annui moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza. La soglia è incrementata ad euro 7.560 per l’accesso alla pensione di cittadinanza. In ogni caso la soglia è incrementata a 9.360 euro nei casi in cui il nucleo familiare risieda in abitazione in locazione.

Esempi

composizione parametro soglia di reddito
persona singola 1 6.000
coppia 1,4 8,400
coppia con un figlio maggiorenne 1,8 10.800
coppia con due figli maggiorenni 2,1 12.600
coppia con tre figli maggiorenni 2,1 12.600

 

Oltre ai limiti fin qui esposti è motivo di esclusione il “godimento di beni durevoli” e più precisamente l’acquisto (o leasing o altro) nei sei mesi predenti alla domanda di reddito o pensione di cittadinanza di autoveicoli di cilindrata superiore a 1.600 cc, nonché motoveicoli di cilindrata superiore a 250 cc, immatricolati la prima volta nei due anni antecedenti. Sono esclusi gli autoveicoli e i motoveicoli per cui è prevista una agevolazione fiscale in favore delle persone con disabilità ai sensi della disciplina vigente. Altro motivo di esclusione il possesso o la disponibilità di navi e imbarcazioni da diporto.

Limite di reddito e nuclei con persone con disabilità

Torniamo al delicato aspetto del computo del reddito che riserva un particolare aspetto proprio per le persone con disabilità che godano di pensioni o assegni.

Per calcolare il reddito familiare di cui abbiamo parlato appena sopra, ci si riferisce a quanto riportato nell’ISEE. L’ISEE infatti prevede una specifica componente denominata Indicatore della Situazione Reddituale che conteggia retribuzioni, pensioni previdenziali, altri redditi di varia origine e prestazioni assistenziali che non siano di invalidità civile (in forza anche di tre sentenze del TAR Lazio del 2015 e di tre sentenze del Consiglio di Stato del 2016).

Il decreto legge tuttavia prevede espressamente che il calcolo del limite di reddito (ai soli fini del reddito di cittadinanza) sia inclusivo del “valore annuo dei trattamenti assistenziali in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi”.

Il che significa che nel reddito si computano anche le pensioni di invalidità civilesorditàcecità civile, gli assegni agli invalidi parziali, l’indennità di frequenza e pensioni sociali. Sono escluse invece le indennità di accompagnamento che vengono erogate a prescindere dal reddito personale (la prova dei mezzi appunto) oltre a contributi che prevedono poi rendicontazione (esempio, alcuni contributi per la vita indipendente).

Vale la pena ricordare che il “valore annuo” di una pensione di invalidità civile (285,66 per 13 mensilità) è pari a 3713,58 euro.

Questa previsione del decreto legge è quindi doppiamente rilevante: da un lato può comportare l’esclusione dal reddito di cittadinanza di un nucleo in cui sia presente una persona con disabilità pur rientrando i tutti gli altri criteri; dall’altro comporta poi sempre una riduzione dell’importo del reddito di cittadinanza per tutti i nuclei in cui sia presente una persona con disabilità titolare di pensione (di cecità, invalidità, sordità) o di assegno o di indennità di frequenza.

Esempi

Composizione reddito pensione  
Nucleo di tre persone 10000   rientra
Nucleo di tre persone con componente con disabilità 7500 3.700 non rientra
Nucleo con due persone 8000   rientra
Nucleo di due persone con componente con disabilità 5000 3700 non rientra

 

Alcune dichiarazioni di origine governativa affermano che nella platea dei beneficiari del reddito di cittadinanza (1.700.000 nuclei in povertà assoluta, confermati da ISTAT) ne rientrerebbero circa 250.000 che abbiano persone con disabilità al loro interno. Il computo verosimilmente si rifà, pur con una metodologia tutt’altro che trasparente, alla banca dati ISEE, ma le considerazioni appena esposte lasciano supporre che, quand’anche la proiezione governativa fosse reale, vi sono comunque delle sacche di esclusione di famiglie in evidente stato di bisogno.

I benefici del reddito di cittadinanza

Il reddito di cittadinanza prevede un beneficio economico composto di due elementi: una integrazione “pura” al reddito familiare e una componente finalizzata al sostegno del pagamento del canone di affitto.

L’integrazione la reddito può arrivare ad una cifra massima annuale di 6000 euro per un singolo, moltiplicata per il parametro della scala di equivalenza di cui si è detto sopra. L’integrazione per la pensione di cittadinanza può invece arrivare a 7.560 euro

Per completezza il decreto legge fissa anche un importo minimo di reddito di cittadinanza: 480 euro mensili.

Esempi

  parametro RdC teorico Per mese
Nucleo persona singola 1 6000 500
Nucleo di due persone 1,4 8400 700
Nucleo di tre persone maggiorenni 1,8 10800 900
Nucleo di quattro persone 2,1 12600 1050
Nucleo di cinque persone 2,1 12600 1050
Nucleo di tre persone + due minori 2,1 12600 1050

 

Il computo dell’importo massimo è ovviamente teorico perché rappresenta appunto una integrazione al reddito del nucleo. Ad esempio la cifra di 8400 euro prevedibile per un nucleo di due persone viene erogata solo se il nucleo è completamente privo di reddito. Ma se il nucleo ha un reddito pur minimo, esempio 2000 euro, quell’importo viene ridotto a 6400.

Per questo motivo il computo delle pensioni e degli assegni di invalidità, cecità, sordità diviene discriminante anche per l’erogazione dell’integrazione del reddito e per il suo importo. Vengono trattati meno favorevolmente i nuclei in cui sia presente una persona con disabilità (pensione, assegno, indennità di frequenza) che quelli in cui non siano presenti, pur in parità di tutti gli parametri

Esempi

Nuclei a parità di condizioni e entro i limiti previsti dal decreto sul reddito di cittadinanza.

  RdC/mese*
Nucleo con 2 componenti di cui uno disabile 480,00
Nucleo con 2 componenti non disabili 700,00
   
Nucleo con 3 componenti di cui uno disabile 591,25
Nucleo con 3 componenti non disabili 900,00
   
Nucleo con 4 componenti di cui uno disabile 741,25
Nucleo con 4 componenti non disabili 1050,00
   
Nucleo con 5 componenti di cui uno disabile 741,25
Nucleo con 5 componenti non disabili 1050,00
Nucleo con 5 componenti di cui due disabili 480,00

(*simulazione con reddito reale a zero)

 

La seconda componente del reddito di cittadinanza è riconosciuta ai soli nuclei residenti in casa in affitto. È pari all’ammontare del canone annuo previsto nel contratto in locazione, però fino ad un massimo di euro 3.360 annui (280 euro al mese). Per i titolari di pensione di cittadinanza questa componente è al massimo di 1.800 euro l’anno. Lo stesso importo (1.800 euro) è riconosciuto ai nuclei che abbiano sottoscritto un mutuo per l’acquisto della prima casa.

Patto per il Lavoro e Patto per l’Inclusione Sociale

Per ottenere il beneficio del reddito di cittadinanza viene richiesto l’impegno da parte dei componenti il nucleo familiare maggiorenni, di immediata disponibilità al lavoro, nonché all’adesione ad un percorso personalizzato di accompagnamento all’inserimento lavorativo e all’inclusione sociale che prevede attività al servizio della comunità, di riqualificazione professionale, di completamento degli studi, nonché altri impegni individuati dai servizi competenti finalizzati all’inserimento nel mercato del lavoro e all’inclusione sociale.

Sono tenuti a questi obblighi tutti i componenti il nucleo familiare che siano maggiorenni, non già occupati e non frequentanti un regolare corso di studi o di formazione.

Sono esclusi invece da questi obblighi i titolari di pensione di cittadinanza ovvero i beneficiari del reddito di cittadinanza pensionati o comunque di età pari o superiore a 65 anni. Sono esclusi da questi obblighi e percorsi le persone con disabilità.

Possono infine essere esonerati dagli obblighi i familiari con carichi di cura, quando nel nucleo siano presenti minori di tre anni di età o persone con disabilità grave o non autosufficienza.

 

Come detto il testo passa ora all’esame del Parlamento, ma nella versione approvata dal Consiglio dei Ministri entra già in vigore dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Consulta il testo provvisorio del decreto legge

 

18 gennaio 2019

Carlo Giacobini

Direttore responsabile di HandyLex.org

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Appendice: Disabilità e povertà

Studi nazionali e internazionali hanno già da tempo segnalato l’esistenza di una relazione tra disabilità e deprivazione socioeconomica, che richiede di essere affrontata con opportune politiche e misure di contrasto.

Fondamentale in questa direzione è la conoscenza dell’entità, delle caratteristiche e della distribuzione del fenomeno, al fine di realizzare una corretta programmazione e valutazione degli interventi posti in essere o da realizzare.

L’ISTAT annualmente produce statistiche sulla povertà assoluta e relativa, sul rischio di povertà e di esclusione sociale, ma al loro interno non troviamo dati specifici sulla condizione delle persone con disabilità e/o confronti col resto della popolazione. Le ultime informazioni pubblicate sono quelle contenute nel Rapporto sulle politiche contro la povertà e l’esclusione sociale, promosso nel 2012 dalla Commissione d’Indagine sull’Esclusione Sociale (CIES) del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, che si avvale dei dati ISTAT sul reddito e le condizioni di vita (EU-SILC 2010). In questo caso le persone con disabilità considerate sono quelle dai 15 anni in su, per cui non disponiamo di informazioni compiute sulla povertà dei minori con disabilità.

La prima considerazione proposta nel Rapporto CIES è che, nel complesso, pensioni e indennità sembrano tutelare le persone con gravi limitazioni dell’autonomia personale da un rischio di povertà molto più elevato rispetto al resto della popolazione: l’incidenza registrata è, infatti, del 17,5% tra le persone con gravi limitazioni, contro un valore pressoché analogo del 16,8% tra le persone senza limitazioni. Nel Mezzogiorno, sebbene con valori più elevati rispetto alla media nazionale, la percentuale delle famiglie a rischio di povertà risulta addirittura inferiore tra le persone con gravi limitazioni, rispetto a quella calcolata tra le persone senza limitazioni (27,5% vs 29,3%). Al contrario, il rischio di povertà appare più diffuso tra le persone con limitazioni non gravi (19,5%), che non possono contare sulle prestazioni previdenziali e assistenziali erogate in favore delle persone con disabilità.

Tuttavia, ben diversa appare invece la situazione relativa alla deprivazione materiale, colta attraverso le difficoltà a sostenere una serie di spese o al possesso di alcuni beni durevoli. Una condizione, questa, che interessa le persone con limitazioni dell’autonomia personale in misura maggiore rispetto al resto della popolazione. Vivono, infatti, una condizione di deprivazione materiale il 24,7% degli individui con limitazioni gravi e il 19,7% dei non gravi, a fronte del 14,2% delle persone senza limitazioni. Lo stesso si registra nel caso della grave deprivazione, che interessa l’11,9% e l’8,6% delle persone con limitazioni gravi e non gravi, contro il 6,1% di chi non ha limitazioni. Significative appaiono le sperequazioni territoriali: la percentuale degli individui con gravi limitazioni che vivono in famiglie deprivate raggiunge il 38,6% nel Mezzogiorno, il 20,5% nel Centro e il 15,5% nel Nord, contro valori pari, rispettivamente, al 23,0%, 12,2% e 8,5% delle persone senza limitazioni.

Da questa breve analisi ne deriva quindi che gli indici di povertà economica non riescono a cogliere in modo adeguato l’effettivo tenore di vita delle famiglie con una o più persone con disabilità, e rischiano di sottostimare il loro reale disagio economico. Ciò perché, nonostante i trasferimenti monetari e gli interventi esistenti, le difficoltà di accesso al mondo del lavoro, i costi sociosanitari, le carenze dei servizi di assistenza, il ricorso da parte delle famiglie al mercato di cura privato o l’internalizzazione della funzione di cura, con conseguenze significative sul percorso lavorativo dei caregiver, sono tutti fattori che incidono sul reddito familiare e che dovrebbero essere opportunamente calcolati nelle statistiche sulla povertà e sul rischio di impoverimento. Come evidenziato dagli indicatori sulla deprivazione materiale le persone con disabilità vivono una condizione di maggior svantaggio, con un limitato accesso ai beni e ai servizi di cui dispone la maggior parte della popolazione.

Dati meno puntuali ma più recenti sono rintracciabili nell’indagine ISTAT sull’Inclusione sociale delle persone con limitazioni funzionali, invalidità o cronicità gravi (relativa all’anno 2013), da cui emerge che il 45,2% delle persone di 15 anni e più con limitazioni funzionali gravi e lievi, invalidità permanenti o malattie croniche gravi giudica scarse o insufficienti le risorse economiche della propria famiglia, a fronte del 39,3% registrato nel complesso della popolazione residente. Percentuale che sale al 50,1% tra le persone con limitazioni funzionali gravi.

Inoltre, nel capitolo Disabilità del Rapporto Osservasalute 2016, si evidenzia che, rispetto alla popolazione nel suo complesso, le famiglie con persone con disabilità sperimentano una maggiore difficoltà a soddisfare i propri bisogni sanitari per motivi economici.

Gli indicatori considerati evidenziano, infatti, differenze notevoli tra persone con e senza limitazioni funzionali nell’accedere ad una visita medica o ad un trattamento terapeutico per ragioni economiche, nell’affrontare spese mediche, nel sottoporsi a cure odontoiatriche: indicatori che mostrano, a livello nazionale, uno scarto tra chi ha una limitazione funzionale e chi no rispettivamente di circa 10, 11 e 14 punti percentuali.

Le condizioni peggiori si riscontrano nel Meridione, dove si calcolano quote di oltre il 15-20% di persone con limitazioni funzionali che dichiarano di aver dovuto rinunciare per motivi economici alle prestazioni sanitarie, alle cure e alle visite mediche di cui avevano bisogno. (a cura di Daniela Bucci)