Fonte: superando.it – 

«La Strategia Europea sulla Disabilità per il prossimo decennio dovrà essere molto più ambiziosa di quella attualmente in atto, specie riguardo all’attuazione concreta e al monitoraggio»: lo ha detto Yannis Vardakastanis, presentando per conto del CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo), fondamentale organo consultivo della Commissione Europea, una serie di raccomandazioni in vista dell’elaborazione della nuova Strategia Europea sulla Disabilità 2020-2030, che inciderà concretamente sulla vita di oltre cento milioni di persone con disabilità del Vecchio Continente.

«Negli ultimi dieci anni sono cambiate molte cose, il che significa che la Strategia sulla Disabilità per il prossimo decennio dovrà essere molto più ambiziosa di quella attualmente in atto, in particolare per quanto riguarda l’attuazione concreta e il monitoraggio».
A dirlo è Yannis Vardakastanis, presidente dell’EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità, che qualche settimana fa ha presentato per conto del CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo), fondamentale organo consultivo della Commissione Europea, una serie di raccomandazioni in vista dell’elaborazione della nuova Strategia Europea sulla Disabilità 2020-2030, passaggio destinato a incidere concretamente sulla vita di oltre cento milioni di persone con disabilità del Vecchio Continente.

Qualche passo indietro è a questo punto necessario, per tornare al 2010, quando l’Europa elaborò la Strategia sulla Disabilità 2010-2020. Con tale azione si mirava a promuovere un’Europa senza barriere e le pari opportunità per le persone con disabilità. E tuttavia, nonostante vari miglioramenti e risultati, è innegabile che per molte di loro la situazione continui ad essere difficile.
Le statistiche disponibili – purtroppo ancora poche, segnale pure questo su cui riflettere – evidenziano ancora gravi sperequazioni, a partire dal settore del lavoro, con un divario tuttora enorme, e addirittura in crescita, tra il tasso di occupazione delle persone senza disabilità e quello delle persone con disabilità. Oppure si deve fare riferimento al fatto che il tasso di abbandono scolastico delle persone con disabilità è esattamente del doppio, rispetto a quello della popolazione generale, senza mai dimenticare che la disabilità è sempre un elemento acceleratore di povertà. E la situazione, come spesso ci càpita di scrivere anche su queste pagine, è ancora peggiore per le donne con disabilità, sottoposte a una “discriminazione multipla” o per i bambini con disabilità, “i più vulnerabili tra i vulnerabili”.

Alla luce di tutto ciò, CESE ha voluto in primo luogo affermare un principio di base, ovvero che la nuova Commissione Europea debba rendersi garante dell’inserimento integrale, all’interno della Strategia sulla Disabilità 2020-2030, di quanto stabilito dalla Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità. La Strategia stessa, inoltre, dovrebbe contenere anche misure utili ad attuare pienamente gli Obiettivi per lo Sviluppo Sostenibile presenti nell’Agenda ONU 2030, nonché i princìpi del Pilastro Europeo dei Diritti Sociali, trascurati dalla Strategia 2010-2020.
Per fare questo, il CESE ha raccomandato con forza che la Commissione Europea dia vita a specifici punti di riferimento sulla disabilità (Disability Focal Points), in tutte le Direzioni Generali, le Agenzie e le Istituzioni dell’Unione, passaggio necessario per ottenere l’inserimento della disabilità in tutte le politiche e la legislazione che incidono sulla vita delle persone (mainstreaming della disabilità).
«La nuova Strategia – si legge a tal proposito nel documento presentato dal Comitato – dovrebbe promuovere una società in cui la diversità sia un valore chiave e nella quale i princìpi di non discriminazione, accessibilità, partecipazione e inclusione siano pienamente rispettati». E questo alla luce del fatto che secondo stime attendibili, oltre la metà dei cittadini europei ritiene che la discriminazione basata sulla disabilità sia ancora molto diffusa nell’Unione Europea. Per questo, secondo il CESE, «una Direttiva Antidiscriminazione dovrebbe costituire una priorità, ritenendo come discriminante ogni rifiuto di arrivare ad “accomodamenti ragionevoli” nei confronti delle persone con disabilità, in qualunque àmbito della loro vita».

Dal punto di vista, poi, degli specifici settori, oltre ad invitare l’Unione a ratificare anche il Protocollo Opzionale della Convenzione ONU – testo che consente al Comitato sui Diritti Umani delle Persone con Disabilità di ricevere ricorsi di singoli o di gruppi di individui, avviando eventuali procedure d’inchiesta – per avere più forza nei confronti degli Stati Membri inadempienti rispetto alla Convenzione, il CESE chiede soprattutto misure concrete per la libera circolazione delle persone con disabilità – anche tramite una Direttiva che stabilisca standard comuni di valutazione della disabilità -, la creazione di un Comitato che abbia il compito di monitorare l’attuazione delle Leggi Europee sull’accessibilità – ancora carente, per molte persone con disabilità, a livello di spazi pubblici, edifici o trasporti – nonché incentivi e azioni che combattano un tasso di occupazione sproporzionalmente basso, come già accennato in precedenza.
Ma per l’attuazione concreta di ogni misura, serviranno finalmente buone e attendibili statistiche, su cui basare una reale e incisiva azione di monitoraggio su quanto veramente venga applicata la Convenzione ONU nei vari Stati Membri. E per questo sono quanto meno necessarie, secondo il CESE, «adeguate risorse umane e finanziarie».

«Abbiamo ancora molta strada da fare per attuare la Convenzione ONU, – è il commento conclusivo di Vardakastanis -, ma è un obbligo dell’Unione Europea farlo, nei confronti di oltre cento milioni di persone con disabilità del nostro Continente». (Stefano Borgato)

Per approfondire il tema si può accedere a questo link, dove è disponibile un ampio resoconto (in inglese) sull’iniziativa del CESE.