Se nella zona a traffico limitato è consentito l’accesso a veicoli di trasporto pubblico non è necessario che il titolare del permesso invalidi comunichi l’avvenuto passaggio entro le 48 ore previste dalla legge. 

La vicenda ha origine in seguito al ricorso di A.P. in opposizione a sanzione amministrativa proposto davanti al Giudice di Pace di Busto Arsizio, avente ad oggetto la richiesta di annullamento di 21 verbali emessi dalla Polizia locale con i quali venivano allo stesso contestati ripetuti episodi di transito in una zona a traffico limitato, in violazione degli artt. 7 e 9 del C.d.S.

Il Giudice di Pace rigettava il ricorso, sicché A.P. impugnava la decisione davanti al Tribunale di Busto Arsizio, che accoglieva l’appello essendo il ricorrente in possesso di un Contrassegno Invalidi in corso di validità all’epoca dei fatti che gli consentiva il transito nella zona a traffico limitato in questione.

Ciò in quanto, ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. n. 503/96, “la circolazione e la sosta sono consentite nelle zone a traffico limitato e nelle aree pedonali urbane qualora è autorizzato l’accesso anche ad una sola categoria di veicoli per l’espletamento dei servizi di trasporto di pubblica utilità” e nel caso di specie una delibera del Comune di Busto Arsizio autorizzava ai veicoli adibiti al pubblico servizio il traffico nella zona in questione.

Per il Tribunale inoltre non era rilevante che A.P. avesse omesso di comunicare telefonicamente il suo transito nella Z.T.L. entro le 48 ore successive all’accesso, dal momento che tale prescrizione non è funzionale a legittimare o meno il passaggio, bensì solamente ad agevolare i controlli amministrativi.

Il Comune di Busto Arsizio propone dunque ricorso per Cassazione contro la sentenza del Tribunale, adducendo cinque motivi di gravame.

Si citano in particolare il primo di essi, con cui si contesta la violazione e la falsa applicazione dell’art. 11 del D.P.R. n. 503/96, in quanto, differentemente da quanto statuito dal Tribunale, non sussisterebbero le condizioni per l’applicazione di tale norma in quanto la Z.T.L. di cui si tratta non era aperta incondizionatamente al transito di veicoli adibiti al pubblico trasporto essendo consentite unicamente le operazioni di prelievo ed accompagnamento di persone ed il secondo ed il quarto motivo, che si dolgono della violazione e falsa applicazione della normativa circa l’obbligo di comunicare il transito entro 48 ore, avendo il Tribunale erroneamente interpretato il disposto non come un obbligo bensì come una modalità di agevolazione dei controlli amministrativi.

La Cassazione rigetta il ricorso reputando il primo motivo infondato e i rimanenti non meritevoli di accoglimento: l’art. 11 del D.P.R. n. 503/96 è stato infatti correttamente interpretato ed applicato dal Tribunale di Busto Arsizio in quanto detta norma prevede “in maniera chiara ed incontrovertibile, che ai possessori del contrassegno speciale per disabili è permessa la circolazione e la sosta nelle “zone a traffico limitato” e nelle “aree pedonali urbane” qualora è autorizzato l’accesso anche ad una sola categoria di veicoli per l’espletamento di servizi di trasporto di pubblica utilità. Nel caso di specie, il fatto che l’autorizzazione ad accedere fosse stata concessa a tali veicoli ai soli fini di prelievo ed accompagnamento e non in maniera incondizionata, non può avere rilevanza per far venir meno il diritto di transito ai possessori del contrassegno speciale. L’accesso concesso ai veicoli adibiti al trasporto pubblico, per qualsiasi motivo questo avvenga, è sufficiente per ritenere legittimo, ai sensi dell’art. 11 del d.P.R. n. 503 del 1996, l’accesso al possessore del contrassegno di cui all’art. 12 dello stesso decreto.” [1]

Con riguardo all’obbligo di comunicazione entro le 48 ore la Cassazione puntualizza che esso non può delegittimare l’accesso effettuato da chi ne ha diritto ma è unicamente funzionale ad evitare sanzioni in capo a coloro che di fatto sono autorizzati a transitare nella Z.T.L.

La Corte pertanto rigetta il ricorso e condanna il Comune alla refusione delle spese.

[1] Cass. Civ., Sez. II, Sent. n. 21320/17 del 14/9/2017