Fonte: superando.it – articolo di Stefania Delendati – 

«Cosa c’entra Verdi – scrive Stefania Delendati – con la fisioterapia e lo sport? I Lettori non si affrettino a rispondere “niente”, perché a Villanova sull’Arda (Piacenza), è in funzione dal 1888 un ospedale voluto e finanziato proprio dal “Cigno di Busseto” e a lui intitolato, che dal 1973 è un centro di riabilitazione e che presto diventerà il Centro Nazionale Paralimpico del Nord Italia. Una destinazione, questa, che non tradirà il mandato originario della struttura, ma che anzi lo attualizzerà, perché a Villanova i pazienti sono sempre stati protagonisti di un progetto di reinserimento». 

Cosa c’entra Giuseppe Verdi con la fisioterapia e lo sport? I Lettori non si affrettino a rispondere “niente”, perché in provincia di Piacenza, a Villanova sull’Arda, dal 1888 è in funzione un ospedale voluto e finanziato proprio dal “Cigno di Busseto” – il soprannome con cui è conosciuto il Maestro Verdi – e a lui intitolato, che dal 1973 è un centro di riabilitazione e che presto diventerà il Centro Nazionale Paralimpico del Nord Italia.
È questa una buona notizia da tempo attesa, dopo che per mesi era circolata voce che si volesse delocalizzare il nosocomio, privando la rete ospedaliera piacentina del suo punto di riferimento riabilitativo, in particolare per le lesioni spinali. La riconversione che lo renderà una struttura polifunzionale a gestione pubblica si basa sulla concretezza di un finanziamento di 10 milioni di euro deliberato dal CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) e vede la coesione dell’Amministrazione Comunale di Villanova, dell’Azienda USL di Piacenza, della Regione Emilia-Romagna e del CIP (Comitato Italiano Paralimpico); questi ultimi due Enti saranno anche cogestori del nuovo Centro.
Il progetto prevede il restauro del presidio sanitario storico, nel quale verrà realizzata un’area residenziale con cinquanta posti letto, mantenendo le attuali attività riabilitative e sanitarie. Gli impianti verranno potenziati, cosicché, agli elementi esistenti, ovvero palestre, palazzetto e piscine, si aggiungeranno un’ulteriore piscina, una pista di atletica e altri spazi destinati alle persone con diverse disabilità che già praticano oppure che vogliono avvicinarsi allo sport.
Si vuole insomma trasformare l’Ospedale Verdi in un modello nazionale, che farà dell’attività sportiva parte essenziale della rieducazione alla vita quotidiana. La “convivenza” con gli atleti paralimpici, infatti, motiverà i pazienti dell’Unità Spinale in fase di pre-dimissione ad accostarsi ad uno sport per stare in gruppo e socializzare, ritrovare l’autonomia e diventare consapevoli delle proprie capacità, con ripercussioni molto positive sul piano psicofisico.

Lo sport paralimpico in Emilia-Romagna: i numeri e i progetti
Con il Centro di Villanova l’universo sportivo emiliano-romagnolo si arricchirà di una preziosa “perla”, un punto di aggregazione che consentirà di aumentare i numeri della Regione, una delle più attive in questo àmbito, ma dove si stima che soltanto il 10% delle persone con disabilità in età potenziale e con le caratteristiche per fare sport lo pratichi regolarmente. Ancora troppo poche, se si considera che le scuole sono frequentate da circa 10.000 ragazzi certificati e che il 5% della popolazione presenta una disabilità. Si arriva quindi a quasi 6 milioni di persone che potrebbero entrare nel circuito paralimpico.

Molto da fare, poi, rimane anche sul fronte dell’impiantistica. Da alcune ricerche svolte dal CIP Emilia-Romagna, si stima che soltanto il 17% delle palestre sia completamente accessibile, malgrado la normativa nazionale vigente preveda che non vi siano barriere architettoniche.
Punti di forza sono le ventidue Federazioni presenti sul territorio che curano e organizzano le attività agonistiche, cui se ne aggiungono altre dodici che si occupano di discipline riconosciute paralimpiche.
L’Ente Regionale ha inserito l’esercizio fisico e l’attività sportiva per i cittadini con disabilità all’interno del Piano della Prevenzione 2015-2018, con l’obiettivo di facilitare la partecipazione. Del luglio scorso è anche la notizia di un ingente investimento per la realizzazione e la ristrutturazione di palestre, piscine, campi da gioco e palazzetti, per un totale di centoventi iniziative ammesse a finanziamento, che renderanno gli spazi dove fare sport più belli e sicuri per tutti, giovani, adulti e anziani.
E ancora, appare particolarmente interessante l’idea presentata all’ultimo Exposanità di Bologna dal CIP Emilia-Romagna, vale a dire una app per smartphone e tablet tramite la quale sarà possibile individuare gli impianti accessibili e le sedi delle società che operano nel campo dello sport per disabili in Regione. Un’iniziativa che soddisfa un bisogno espresso da famiglie e utenti che lamentano difficoltà nella ricerca di ambienti pronti ad accogliere il loro desiderio di movimento.
Oltre all’“assistente virtuale”, potrebbero presto essere disponibili anche assistenti in carne ed ossa, se si riuscirà a concretizzare il progetto che prevede l’inserimento della figura del consulente paralimpico nelle Case della Salute, un totale di centoquattro strutture dislocate in buona parte dei Comuni emiliano-romagnoli che, in pratica, hanno sostituito i vecchi consultori nell’erogazione dei servizi pubblici sanitari. Finora l’accordo è stato firmato con BolognaParma e Piacenza, ma si intende stipulare un patto con tutte le ASL della Regione. In questo modo, con una diffusione capillare, sarebbe facilissimo per qualunque persona con disabilità ottenere informazioni sullo sport più adatto. Qualcosa di simile, ad esempio, è già operativo, all’interno della Casa dei Risvegli Luca De Nigris di Bologna. Si tratta di uno sportello CIP che valuta le potenzialità sportive del richiedente con il parere di un medico, lo mette in contatto con la società sportiva più vicina e segue il suo percorso nel tempo per supportarlo in caso di necessità. Già una ventina di persone, da giugno 2017 ad oggi, hanno iniziato a praticare sport partendo da qui, scegliendo in prevalenza nuototiro con l’arco ed escursionismo.

L’Ospedale di Villanova sull’Arda: 130 anni di storia
Giuseppe Verdi, se fosse ancora tra noi, sarebbe contento della nuova destinazione del suo Ospedale. Non solo perché resterà aperto, non solo perché “regalerà” alla zona una struttura unica nel suo genere, ma soprattutto perché ancora una volta quello che lui chiamava con modestia “baracchino” sarà un luogo innovativo, come lo è stato fin dall’inizio. Sul finire dell’Ottocento, infatti, era uno dei nosocomi più attenti ai dettami dell’Igienistica, una disciplina che si stava sviluppando in quegli anni, e fu Verdi stesso a documentarsi, visitando gli ospedali più avanzati del Nord, in particolare a Milano. I materiali erano all’avanguardia, i locali ampi ed arieggiati, per evitare la promiscuità tra i degenti e la diffusione di colera, scarlattina e vaiolo, malattie a cui erano particolarmente esposte le fasce più umili della popolazione.
Era quella l’epoca dei “cronicari”, luoghi desolati e malsani per malati inguaribili, dove spesso trovavano rifugio persone senza fissa dimora e senza famiglia. Nell’Ospedale di Villanova, invece, i pazienti venivano curati con l’obiettivo di reinserirli al più presto nel tessuto sociale. Soltanto due posti letto, separati dagli altri, erano riservati a chi aveva contratto una patologia infettiva. Il Maestro era un esponente della borghesia italiana, proprietario di ampi possedimenti dove lavoravano persone in stato di precarietà che, quando erano malate o infortunate, dovevano recarsi a Piacenza, un viaggio di quasi quaranta chilometri su carretti sgangherati che non di rado costava loro la vita. Come altri personaggi illustri e benestanti, anch’egli decise di dedicarsi alla filantropia e nel 1878 iniziò ad accarezzare l’idea di costruire un locale per aiutare gli indigenti.

Giuseppe Verdi

Una bella immagine di Giuseppe Verdi, il “Cigno di Busseto”

Era un’epoca di transizione per la Sanità Italiana, con il graduale passaggio di gestione dalle istituzioni ecclesiastiche allo Stato, che ancora non interveniva direttamente nelle opere assistenziali, ma sottoponeva a controllo pubblico gli enti erogatori. Per il Maestro, tuttavia, non si trattava soltanto di beneficenza. Insofferente di fronte alla situazione politica dell’Italia, si rendeva conto che le disuguaglianze sociali e la miseria potevano generare disordini di cui anche lui, che dava lavoro a tanti di quei poveri contadini, avrebbe pagato le conseguenze. La costruzione di un ospedale era pertanto un modo per mantenere stabile un equilibrio che, se fosse venuto meno, avrebbe potuto scatenare violente rivolte. Il Sindaco di Villanova fu ben contento di appoggiare l’iniziativa, anche perché le spese di trasporto degli ammalati in città erano a carico dell’Amministrazione Comunale.
Verdi, di natura riservata, avrebbe voluto mantenere l’assoluto silenzio sull’impresa, desiderio impossibile vista la sua notorietà, e così la costruzione del nosocomio di Villanova diventò un evento mediatico, con i principali quotidiani dell’epoca che ne parlarono con interesse e dovizia di particolari. Anche l’inaugurazione, nel novembre 1888, venne seguita dalla cronaca. Una cerimonia molto semplice, consistita semplicemente nell’ammissione dei primi dodici degenti, senza inutili parate poco adatte ad un luogo di dolore, come richiesto dal compositore.
Tutto nei locali era passato sotto la supervisione di Giuseppe Verdi e della consorte Giuseppina Strepponi, perfino l’arredamento, la biancheria, i vestiti dei degenti e le divise del personale. L’evoluzione delle funzioni ospedaliere imponeva che quello non fosse un luogo di carità, ma disponesse di figure preparate sotto il profilo scientifico, come i medici condotti che proprio nel 1888, grazie ad una legge ad hoc, videro la loro laurea riconosciuta quale titolo di studio imprescindibile per esercitare la professione. La nomina dei medici avveniva per concorso, ma Verdi in persona interveniva sulla scelta finale, e in un caso si informò bene sul vincitore della prova perché si trattava di un dottore di città e aveva il dubbio che non si sarebbe adattato alla vita in un paesello di campagna, con altri ritmi e soprattutto con una paga più bassa. Una Commissione presieduta da Verdi, in qualità di fondatore, reggeva le sorti dell’Ospedale; uno Statuto e un Regolamento interno, modificati più volte, definivano gli scopi del nosocomio, l’organizzazione e i ruoli delle persone che vi lavoravano. Per la cura personale dei malati vennero scelte le suore, accolte in maniera più serena dagli uomini ricoverati. Tre ordini religiosi si avvicendarono fino all’inizio degli Anni Settanta del Novecento, mantenendo anche la responsabilità della cucina, della lavanderia e degli acquisti, mentre la Superiora si occupava dell’amministrazione.
All’Ospedale Verdi di Villanova è ancora conservata una copia autenticata del testamento del Maestro, nel quale egli dispose in eredità terreni e rendite affinché la struttura sanitaria cui si era dedicato con tanto amore potesse mantenersi negli anni, come in effetti è stato. Il nucleo storico ottocentesco, nel corso dei decenni, è stato affiancato da un moderno complesso, che dal 1973 ad oggi è stato sede di un centro di recupero e rieducazione funzionale tra i migliori d’Italia.
L’apertura del Centro Nazionale Paralimpico non tradirà il mandato originario dell’Ospedale, anzi, lo attualizzerà, perché a Villanova i pazienti sono sempre stati protagonisti di un progetto di reinserimento, mai soltanto trattati come malati da curare.

Fonte: superando.it